Autore: AndreaInfusino
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Cristiano Celli – Banda da Giro? Da sabato 29 novembre 2025, disponibile questo nuovo disco soltanto in digitale
Pubblicato dall’etichetta indipendente Wow Records, disponibile su tutte le piattaforme digitali da sabato 29 novembre, Banda da Giro? è il nuovo lavoro discografico del sassofonista, clarinettista e compositore Cristiano Celli, accompagnato in questo album da Enrico Imperioli (corno francese), Moussa Bonaventura (contrabbasso) e Massimo Ceci (batteria), CD arricchito dalla presenza del rapper 1989 nel brano Intro, che ha registrato uno speech iniziale.Il disco è formato da cinque brani originali frutto della creatività compositiva del leader, eccezion fatta per la bonus track Belomi Benna autografata dall’artista etiope Mahmoud Ahmed. “Banda da Giro?” nasce da una singolare commistione incentrata su un’essenzialità melodica e un forte carattere popolare. L’intenzione di Celli è quella di dar vita a una particolarissima fusione fra le sonorità tradizionali delle marce bandistiche del Centro-Sud Italia, dimensione musicale che ha caratterizzato la sua formazione, con un mood jazzistico. Il prodotto finale è una reinterpretazione onirica e densa di spiritualità tipica di una festa di paese, un’idea coltivata sin dall’infanzia: unire l’organicità e l’improvvisazione jazzistica di un trio o un quartetto alla varietà timbrica e all’identità della musica bandistica.Cristiano Celli racconta come ha preso vita e forma questo suo progetto: «Ho scritto cinque brani che nascono dal desiderio di unire la semplicità melodica a un forte carattere popolare, con linee orecchiabili e immediate. La mia idea è stata quella di fondere le sonorità delle marce bandistiche del Centro-Sud Italia, che hanno accompagnato la mia crescita, con l’estetica dello spiritual-jazz. Ne è venuta fuori una visione onirica e personale dell’atmosfera delle feste di paese, che porto nel cuore fin dall’infanzia. Il mio intento è coniugare l’improvvisazione e l’organicità di un piccolo ensemble jazz con la ricchezza timbrica e identitaria della musica bandistica, restituendo nuova vita a radici che considero le più autentiche del mio percorso musicale». -
Il laboratorio vocale dell’urban pop italiano: perché GIVO è diventato sta diventando un riferimento
Una nuova generazione di artisti, negli ultimi tempi, sta rinegoziando il rapporto con la propria voce: non solo metaforicamente, ma anche in senso letterale. GIVO, autore reggiano attivo nella scena da diversi anni, è tra i primi a trasformare questo passaggio in un processo creativo concreto, utilizzando una voce generata tramite intelligenza artificiale modellata sul proprio timbro naturale. Una fase preparatoria, supportata da studio e lavoro mirato, pensata per accompagnare l’ingresso della sua voce reale nell’esecuzione dei brani che firma.
Questa scelta non alimenta il dibattito già esausto sui “cantanti sintetici”, ma introduce un tema diverso, più attuale e più complesso, quello della costruzione dell’identità sonora come percorso, anziché come punto di partenza.
L’aspetto più rilevante sta nel modo in cui GIVO usa questo passaggio. La voce generata non vuole essere una firma stilistica, ma un luogo di lavoro, un ambiente in cui testare sfumature, intenzioni, respiri, finché la sua voce naturale non sarà pronta a sostenerli.
E c’è un altro elemento che rende questa scelta interessante per chi osserva la discografia dall’interno: GIVO arriva dalla scrittura e rivendica il valore dell’autore come figura autonoma, distinta dall’interprete. La voce sintetica diventa così una cerniera temporanea che gli permette di dare forma ai brani senza forzare un’identità vocale che sta ancora costruendo, mostrando come si possa scrivere per sé senza obbligatoriamente incarnare subito ciò che si firma, e senza togliere dignità al ruolo degli interpreti.
La sua direzione cambia la prospettiva abituale, perché non parte dal timbro per costruirgli attorno un suono, un’immagine, un intero progetto, ma lascia che sia la scrittura a indicare quale voce dovrà sostenerla. Un metodo che, pur essendo parte del lavoro quotidiano di molti autori, raramente viene portato al centro del discorso. GIVO lo mette in luce dentro un contesto urban ed evita che resti un passaggio tecnico, rendendolo un’occasione per interrogarsi su come prende forma l’identità vocale di chi scrive.
Negli ultimi due anni, l’ingresso dell’intelligenza artificiale nel campo vocale è diventato uno dei fronti più discussi dell’industria musicale internazionale. L’IFPI, nel suo Global Music Report 2024, segnala una crescita netta dei progetti che integrano processi vocali avanzati, soprattutto nelle scene urban e nelle produzioni indipendenti, dove la voce viene trattata come un materiale su cui lavorare e non come un elemento immutabile. Analisi parallele — da Loud & Clear di Spotify ai dossier “Music in the AI Era” di Goldman Sachs — confermano questa direzione: la definizione dell’identità vocale non coincide più necessariamente con la voce biologica dell’artista, ma entra in un’area intermedia in cui tecnologia, scrittura e ricerca timbrica dialogano.
Una zona che in Italia resta poco esplorata e che rende il caso di GIVO particolarmente interessante anche per chi osserva il mercato da un punto di vista culturale e non solo musicale.

Il suo nuovo singolo, “Paranoia Chic”, rappresenta il punto di sintesi di questo discorso. L’incipit — «Sto bene ma solo in apparenza» — introduce un testo fatto di immagini brevi. Lacrime che “sanno di Chanel”, “ghiaccio negli occhi”, “una città che ha perso ogni blink” sono tutte metafore volte a descrivere più uno stato mentale che una storia, e che si inseriscono perfettamente nel percorso che l’artista sta costruendo da mesi: una scrittura che riporta ciò che sente quando lo sente, onesta rispetto al momento in cui nasce.
Il brano, che si collega ai capitoli precedenti — “Neve sulle Nike”, “Messaggi alle 2”, “Fumo e Sirene” — forma un’evoluzione coerente in cui solitudine, amori intermittenti e storie quotidiane occupano un proprio spazio.
La parte più rilevante rimane però la questione vocale: un artista che usa la sintesi vocale per modellare il proprio timbro e arrivare, con maggiore consapevolezza, alla propria voce reale. Non si tratta di un espediente tecnico, ma di un’apertura a un tema nuovo nel comparto musicale italiano:
come cambia la percezione dell’autorialità quando la voce non è più solo uno strumento ma un territorio da raggiungere; una meta e non un presupposto?
GIVO, con i suoi brani, apre una discussione più ampia su rappresentazione, controllo di sé e sul modo in cui oggi un artista costruisce il proprio suono, collocandosi nel punto in cui scrittura, immaginario e ricerca vocale convergono.
In studio, mentre riascolta le tracce isolate della sua voce sintetica e annota sul telefono le variazioni da provare nel take successivo, si legge con chiarezza la direzione che sta seguendo: la voce non come punto di partenza, ma come esito di un lavoro che ha bisogno di tempo, tentativi, strati successivi. E lì, in quel margine tra provvisorietà e intenzione, si sta formando la sua cifra distintiva.
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“Oroboro” è il nuovo singolo di Matoh
Da venerdì 28 novembre 2025 sarà in rotazione radiofonica “Oroboro” (TRP Vibes / Track Records Productions) il nuovo singolo di MATOH, già disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale dal 21 novembre.
Il brano “Oroboro” racconta il ciclo infinito dell’ansia e la sensazione di essere intrappolati dentro sé stessi. L’immagine del serpente che si morde la coda diventa la metafora di una routine mentale che ricomincia sempre uguale: dolorosa, ma familiare. È quel paradosso emotivo per cui si preferisce restare nel dolore conosciuto piuttosto che rischiare una serenità che spaventa perché ancora ignota. La canzone alterna momenti di lucidità e smarrimento, seguendo un loop emotivo in cui ci si perde e ci si ritrova senza sosta. L’apertura e la chiusura del pezzo – così come il ritornello – rafforzano l’idea di un cerchio che non si spezza, dipingendo un viaggio introspettivo sincero, fragile e crudo, in cui “l’oro si trova solo scavando nel fango”.
Spiega l’artista a proposito del brano: “Oroboro è nata in una di quelle notti in cui la testa non smette di girare, anche quando il corpo è fermo. È una canzone che parla dei pensieri che tornano sempre, dei cicli che non si riescono a spezzare e della sensazione di vivere dentro un loop mentale da cui non esci mai davvero, forse perché in fondo non vuoi. Scriverla è stato come specchiarmi, ma anche come provare a rompere quello specchio. È il mio modo per fare pace con tutto quello che non riesco a controllare e che forse, a volte, controlla me, tornando sempre, proprio come l’Oroboro.”
Ascolta ora “Oroboro” su tutte le piattaforme digitali
Il videoclip di “Oroboro”, diretto da Gianluca Scalia e prodotto da Kemedia, è un micro–rituale visivo in cui il corpo diventa specchio e frattura mentre il tempo rallentato, materico sembra ripetersi, divorare sé stesso, rigenerarsi: come il simbolo dell’ouroboros. Girato in bianco e nero e con un’estetica volutamente essenziale, il video lavora su gesti minimi. La camera resta vicina, quasi respirante, come se il corpo fosse un territorio da esplorare. Il risultato è un atto intimo e simbolico: una riflessione per immagini sulla ciclicità, sull’autopercezione e sulla possibilità di rinascere mentre ci si osserva dissolvere.
Guarda il videoclip su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=sfMOYnd8zBU
Biografia
Matoh è un cantautore siciliano classe ’96. Scrive e compone fin da quando ha imparato a tenere una penna in mano. In modo pratico il suo progetto artistico prende forma da qualche anno, ma in realtà vive in lui da sempre, da quando la scrittura è diventata il suo modo per restare in equilibrio, per dire ciò che altrimenti resterebbe taciuto.
Nel suo percorso musicale convivono molte anime: il pop italiano e internazionale, il rap e un’eterna passione per il rock e il punk. Questa fusione di influenze lo porta a creare un linguaggio autentico e diretto, capace di unire generi e generazioni.
Suona da autodidatta pianoforte e chitarra, e da circa un anno studia canto, affinando sempre di più la propria espressività vocale.
Dopo l’esordio con “HO CAPITO!”, un brano ironico e provocatorio che segna l’inizio del suo percorso discografico, Matoh torna con “Oroboro”, una canzone che racconta la ciclicità dei pensieri, il peso della routine mentale e la difficoltà di spezzare i propri loop interiori.
Oggi è seguito da un team di professionisti che lo accompagna nella produzione, nella promozione e nella cura dell’immagine, permettendogli di concentrarsi completamente su ciò che conta davvero: la musica e il messaggio che porta con sé.
Matoh non scrive per un pubblico specifico, perché crede che la musica non debba avere confini: è per chi vuole sentirla, per chi ne ha bisogno. Nei suoi testi cerca di far percepire a chi ascolta la sensazione di essere capiti, compresi e mai soli. Per lui la musica rappresenta un atto di unione, non di distinzione. Ritiene che non sia fondamentale arrivare da qualche parte, ma semplicemente arrivare, che sia su un palco o alle orecchie delle persone giuste.
Dopo “Ho capito”, “Oroboro” è il nuovo singolo di Matoh disponibile sulle piattaforme digitali di streaming dal 21 novembre e in rotazione radiofonica da venerdì 28 novembre.
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Sandra Mazzinghi finalista al Premio Letterario Internazionale Città di Latina con “Danzare nel vuoto”, un romanzo che emoziona e fa riflettere sul fenomeno dei “figli sostitutivi”
La giornalista e scrittrice livornese Sandra Mazzinghi continua a far parlare di sé e della propria opera “Danzare nel vuoto” (Editore Scatole Parlanti, Collana Voci) arrivando finalista al Premio Letterario Internazionale Città di Latina che ha visto la partecipazione di oltre 1.100 opere in concorso.
Il romanzo, con la prefazione della Professoressa Ines Testoni, ordinaria dell’Università di Padova, dove è anche direttrice del Master in Death Studies & The End of Life, e scienziata conosciuta a livello internazionale, è ispirato a una storia vera.
Alba è una donna di mezza età che lavora da sempre come ufficiale di Stato Civile del Comune di Villa Fiorensa, una cittadina sulla costa in cui ha trascorso tutta la vita. Da tempo asseconda la tristezza che le hanno portato il fallimento del suo matrimonio e la partenza dei figli ormai grandi verso luoghi lontani, e cerca di combatterla dedicandosi con passione al proprio lavoro, alla ricerca che ormai da anni svolge con interesse scrupoloso per scovare in mezzo ai registri alcuni atti di nascita particolari, che nascondono la nascita di “figli sostitutivi”, bambini venuti al mondo spesso con lo stesso nome di un fratello scomparso prematuramente, un “bambino trasparente” i cui genitori non sono riusciti a rassegnarsi al lutto.
Giovanni, invece, è un uomo affascinante ma introverso, che vive e lavora a Firenze e si imbatte per caso in Alba, incaricata di reperire il suo atto di nascita per consentirgli di sbrigare una pratica burocratica.
Un viaggio, un racconto che esplora temi universali come la famiglia, il dolore e la perdita, ma anche la ricerca di sé. Entrambi i protagonisti, grazie al loro incontro, intraprendono un percorso di crescita personale e di consapevolezza che li porta a rileggere il passato e a ridefinire la loro esistenza.
“La scintilla che mi ha portato a raccontare dei figli sostitutivi è stata durante lo svolgere del mio lavoro. Sono funzionario responsabile degli atti di nascita del Comune di Livorno, mi sono capitati moltissimi bambini con lo stesso nome del fratellino morto, a volte addirittura nati lo stesso giorno.
Mi ha incuriosito molto questo fenomeno e ho cominciato a studiarlo e a documentarmi in merito – ha spiegato l’autrice.
I figli sostitutivi sono quei bambini che vengono concepiti per colmare un vuoto, compensare la perdita di un altro bambino e portano spesso anche lo stesso nome del figlio che non c’è più. Un fenomeno che è stato studiato, a livello scientifico, prima negli Stati Uniti, in particolare a Boston, a partire dagli anni Sessanta, e poi anche in Italia.
Il bambino sostitutivo porta il peso di aspettative e di una sorta di idealizzazione che non riesce a prescindere dal confronto con il fratellino perduto. Ma si parla di figli sostituivi anche in caso di nascite a seguito di un aborto spontaneo o volontario, di un gemello sopravvissuto e persino di figli adottati. Una situazione che trascina con sé ripercussioni dal punto di vista clinico, una zavorra di ansia, difficoltà relazionali, senso di colpa… con cui ad un certo punto diventa necessario fare i conti”.
Tra ‘figli sostitutivi’ ce ne sono alcuni famosi: Salvador Dalì e Vincent Van Gogh. Storie di esistenze affascinanti, spesso tragiche a seconda di come viene elaborato il lutto dai genitori, che questo romanzo ha il coraggio di affrontare trattando il più terribile evento che può accadere in una famiglia. Come si vive sapendo di essere, forse, solo il riflesso di un sogno interrotto?
Dati tecnici:
Titolo: Danzare nel vuoto
Autore: Sandra Mazzinghi
Prefazione: Ines Testoni
Editore: Scatole Parlanti
Collana: Voci
Pubblicazione: 2025
Prezzo di copertina: 15,00 Euro
Lunghezza stampa: 102 pagine
ISBN-10: 8832818566
ISBN-13: 978-8832818567
Biografia autrice:
Sandra Mazzinghi è giornalista e scrittrice livornese, laureata in Pedagogia all’Università di Firenze e iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Dopo una lunga formazione nel campo della scrittura, del teatro e della comunicazione, ha pubblicato i romanzi L’orizzonte rubato (MDS Editore, vincitore di numerosi premi tra i quali anche l’Oscar Livornese alla Cultura 2014) e Ancora ieri (MDS Editore, finalista al Premio Salvatore Quasimodo), oltre alla raccolta di racconti Dire tutto (Edizioni del Boccale, 2019).
Sue opere brevi sono apparse in diverse antologie edite da Perrone, MDS e Miraggi. Attiva nel panorama culturale toscano, ha curato presentazioni di libri, eventi e cataloghi fotografici per la TST Art Gallery di Livorno. -

Spose bambine, rituali antichi e identità negate: IBLA, dopo Amici e l’ombra lunga di Rosa Balistreri, riscrive i destini assegnati in “Rituale”
Una ragazza di sedici anni, promessa a un uomo che non ha scelto, il destino già scritto da altri, il silenzio come unica lingua concessa. Non è una scena d’archivio etnografico, è un’immagine antica che torna a bussare, ruvida come la pietra, alle porte della contemporaneità. Ed è il punto di partenza di “Rituale”, il nuovo singolo di IBLA prodotto da James & Kleeve e Salvo Scibetta per The Orchard.
Nata ad Agrigento, IBLA – al secolo Claudia Iacono – negli ultimi dieci anni ha portato la voce coraggiosa, politica, primigenia di Rosa Balistreri sui palchi italiani ed europei, dai teatri siciliani alle collaborazioni con Treccani e alla notorietà raggiunta con la partecipazione ad Amici nel 2021. Oggi depone il ruolo di tramite per diventare origine: non più solo custode e interprete, ma autrice del proprio lessico musicale, di un racconto popolare riscritto in voce presente, dove il folklore del futuro non è un’idea ma una lingua in formazione. La continuità viene riformulata, stratificata per essere tramandata in un altro codice, attraverso un passaggio di consegne che avviene per trasformazione anziché per replica.
Per secoli, in Sicilia come in altre ampie zone del Mediterraneo, il matrimonio era alleanza tra famiglie, non unione tra partner che condividono lo stesso sentimento reciproco: un patto economico, sociale, territoriale, siglato spesso sul corpo delle figlie. Oggi la geografia cambia ma lo schema permane: secondo UNICEF, nel mondo sono più di 640 milioni le donne che vivono le conseguenze di matrimoni contratti prima dei 18 anni — un fenomeno che, soprattutto in vaste aree dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia meridionale, è ancora legato a decisioni familiari, pressioni comunitarie, accordi economici, codici d’onore, tradizioni vincolanti. Non è una linea di demarcazione tra epoche, ma un filo ininterrotto di consuetudini che si aggiornano, si travestono, si spostano e raramente scompaiono.
IBLA non ha mai considerato il passato come una teca, ma come linfa, radice, forza germinativa. Un crocevia di logiche ancestrali, un sistema di lettura del mondo retto da soglie porose tra visibile e invisibile. In “Rituale”, questo principio all’apparenza astratto, prende forma e diventa materia udibile, spazio in cui irrompe l’eco di un rito di magia popolare siciliana, quello praticato un tempo dalle magare dell’entroterra per intrecciare due destini, attraverso invocazioni sussurrate e formule d’amore tramandate. È un frammento del pensiero che considerava il mondo un’unica trama, dove il sacro convive col pane quotidiano, e il canto, il sortilegio e la sopravvivenza abitano la stessa frase.
La vicenda della sposa bambina apre alla domanda cardine del brano:
quanto delle scelte che chiamiamo nostre nasce davvero da noi?
È qui che il pezzo dilata i confini dell’episodio storico e si sposta sul terreno della condizione, dell’eredità invisibile di imposizioni, aspettative, ruoli; retaggi culturali ricevuti come destino, assorbiti come consuetudini e mai davvero interrogati.

IBLA scardina il punto in cui la tradizione smette di essere fondamento e diventa recinto, in cui l’appartenenza si converte in prescrizione, in cui l’identità somiglia più a un perimetro assegnato che a un territorio scelto. “Rituale” mette allo scoperto il momento in cui una donna riconosce il copione, lo sfila dalle mani altrui e si domanda, per la prima volta, se la propria vita stia procedendo per voce propria o per volontà altrui. Un cambio di asse dove l’adesione automatica si incrina, i modelli assorbiti senza verifica cominciano a cedere, l’obbedienza culturale smette di essere un riflesso e diventa finalmente visibile. Perché i cambiamenti iniziano così: con una crepa microscopica nel copione, con un pensiero che non rientra nei ranghi, con una domanda che continua a presentarsi finché il muro non si accorge di esistere.
Il suono fa lo stesso lavoro del testo: mescola, disobbedisce, fonde. Tamburi arcaici, tonalità folkloriche e invocazioni cerimoniali isolano e convivono con bassi elettronici, texture digitali, tagli ritmici di matrice urban. A grattare il perimetro del genere, ci sono il canto tellurico di IBLA e una drammaturgia vocale che porta la lingua del rito fuori dal suo uso originario, la prende in prestito e la reinventa altrove.
«Ho scritto “Rituale” per capire dove iniziavo io e dove finivano le voci degli altri – spiega IBLA -. Le scelte ereditate, le regole respirate come aria, le gabbie scambiate per destino: questo brano è il punto in cui ho detto basta. La libertà non si aspetta, si prende. E inizia quando smettiamo di confondere la nostra voce con l’eco delle istruzioni altrui.»
Nel momento in cui un idioma nato per legare, assegnare, vincolare, viene sottratto al suo scopo originario e riadoperato per nominare un’altra possibilità, cambia funzione. Anziché venir rievocato come cifra identitaria, viene ripreso come alfabeto: un vocabolario di simboli, sonorità e formule che IBLA sposta dal terreno del destino scritto a quello della presa di parola. Un metodo antico di leggere il mondo che torna, riposizionato, a dire altro.
Il percorso di IBLA, in questo senso, non riguarda un’emancipazione privata che si auto-assolve, ma la riapertura di un luogo emblematico in cui le storie individuali e i codici culturali si toccano, si riconoscono, si scambiano di proprietà. Il rito non appartiene più al passato che dirige, ma al presente che interroga. La magia, la ripetizione, la formula non sono reliquie, ma diventano strumenti di riappropriazione del sé, reagenti di coscienza, sintassi di una sintonia nuova tra corpo, voce e decisione.
Il videoclip ufficiale che accompagna il singolo – diretto da Andrea Vanadia, con la fotografia di André Tedesco e il montaggio di Eleonora Cassaro -, evita l’iconografia folklorica edulcorata per sovrapporre corpi, terra, simboli ed elementi liturgici del Sud, come in un vero e proprio processo di svelamento in cui il rito filmato non rappresenta nulla, ma semplicemente accade.
“Rituale” si inserisce nel progetto creativo più ampio in cui IBLA sta componendo un folk contemporaneo indisciplinato, una linea che collega tradizione orale, urban, elettronica, ritualità mediterranea e performance. Una forma espressiva che non mira al restauro, ma trasforma le rovine in nuovi orizzonti di possibilità.
E mentre il tamburo batte, la voce prende corpo. Il resto, ancora, si deve compiere. -

Christian Bruno debutta con il suo primo inedito “Sento che”
Christian Bruno debutta con il suo primo inedito “Sento che”
Dopo un percorso di studi e di esperienze musicali intense, l artista Christian Bruno è pronto a presentare al pubblico il suo primo brano inedito, dal titolo Sento che ”, realizzato in collaborazione con Orange Records Rome. Diplomato al Liceo Musicale e successivamente al Conservatorio, Christian Bruno ha maturato negli anni un profilo artistico completo. Oltre allo studio, ha lavorato come fonico e nella gestione di allestimenti per concerti e spettacoli dal vivo, esp erienze che gli hanno permesso di conoscere la musica non solo dal lato creativo ma anche tecnico e organizzativo. Pluristrumentista suon a infatti batteria, chitarra e altri strumenti Christian ha iniziato presto a esibirsi dal vivo, fino ad arrivare oggi a scrivere e produrre l e proprie canzoni. Sento che segna così il punto di partenza di un nuovo percorso artistico, fatto di autentic ità, passione e ricerca musicale. Con questo brano, Christian Bruno intende comunicare emozioni dirette e sincere, portando la sua voce e il suo mondo sonoro a d un pubblico sempre più ampio.
Link e contatti
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Tiktok : htt ps://www.tiktok.com/@_christian_who?_t=ZN 8zqmCT7PDK2&_r=1
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Uscita “Febronia è passata di qui”, la nuova opera di Francesco Saporito. Un inno alla vita scritto da un uomo malato di SLA che comunica attraverso i movimenti degli occhi
Lo scrittore Francesco Saporito è tornato in libreria dal 7 novembre con “Febronia è passata di qui”, pubblicata dalla casa editrice siciliana Apalós fondata a Siracusa nel 2023.
L’opera è un affresco emotivo e vivido della vita in una Sicilia che “ti appiccica addosso come l’unico ringhiotto”. La narrazione si sviluppa attorno al protagonista e al suo ambiente, popolato da personaggi indimenticabili. Tra questi spicca Febronia, la vicina di casa la cui morte in giovane età affligge l’autore, e la cui memoria dà il titolo all’opera.
«Con l’uscita di “Febronia è passata di qui”, Apalós è orgogliosa di presentare non solo un libro, ma un vero atto di resilienza e amore per la vita – hanno spiegato gli editori Silvio Aparo e Rossella Rapisarda.
L’autore, Francesco Saporito, ci dimostra che la vera voce è quella dell’anima, narrando una storia autobiografica gioiosa, arguta e profondamente poetica, comunicando con la forza inarrestabile dei suoi occhi.
Questo non è un racconto sulla malattia, ma un’esplorazione intensa dell’animo siciliano, un affresco di vita di paese tra ricordi d’infanzia, figure indimenticabili come Tano e riflessioni che, con gentilezza e ironia, toccano il senso dell’esistenza.
Dalla penna (o meglio, dallo sguardo) di Saporito, introdotto dalla magnifica prefazione di Simonetta Agnello Hornby, emerge un messaggio di speranza universale: anche di fronte alle prove più dure, la memoria, la fede e l’accettazione possono illuminare la nostra percezione del mondo.
“Febronia è passata di qui” è una freccia nel cuore del tempo che Apalós, in quanto editore siciliano, è onorata di portare in tutte le librerie italiane. Un libro che resta dentro, toccando corde profonde e lasciando al lettore una preziosa eredità di serenità e autenticità.»
Il racconto è intriso di dettagli tipici della cultura siciliana, dai sapori (come il “salmoriglio d’estate e le melanzane a pagoda”) alle scene quotidiane, come la signora del terzo piano che ogni martedì dopo Pasqua lega le carte luccicanti delle uova alla ringhiera del balcone.
L’opera spazia tra ricordi giovanili, esami di maturità e profonde riflessioni sull’esistenza, la morte e l’attesa, con richiami a figure chiave della letteratura e del pensiero come Gramsci, Dante, e Leopardi.
Un romanzo di formazione e di memoria, dove il passato e i suoi fantasmi sono presenti in ogni angolo. Una storia che sa di infanzia, di sudore, di lutto, di resistenza.
Dati tecnici:
Autore: Francesco Saporito
Editore: Apalòs
Collana: Biblioteca Apalós
Anno edizione: 2025
In commercio dal: 07 novembre 2025
Pagine: 200 p., Brossura
EAN: 9791281976139
Profilo casa editrice:
ἁπαλός (apalós) è la Casa Editrice più a sud d’Europa, nata nel 2023, a Siracusa, “ultimo avamposto dell’impero” e pone al centro del suo progetto culturale la “gravità”, intesa come importanza, profondità e qualità dell’offerta culturale. La pubblicazione di pochi titoli l’anno, scrupolosamente selezionati, di voci per lo più affermate, di autori anticonformisti, originali e persino inattuali e un catalogo pensato come un solo grande corpo, fatto di episodi disturbanti, irripetibili ed eterodossi, la allontanano dal facile impegno, dall’appiattimento, dall’omologazione e dalla banalità postmodernista.
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“L’amore da ubriachi” è il nuovo singolo di Levi
Dal 28 novembre 2025 sarà disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica “L’amore da ubriachi”, il nuovo singolo di Levi.
“L’amore da ubriachi” è un brano che racconta i frammenti di una storia d’amore intensa, ma incapace di durare nel tempo. I due protagonisti rivivono i ricordi più intensi — i risvegli insieme, i sogni di una casa e di una vita condivisa — di due adolescenti che non riescono ad amarsi, creando un sentimento tossico che logora e fa male. Nonostante il dolore, resta quella scia di passione che riporta i due a cercarsi ancora, come anime ubriache che si rifugiano l’una nell’altra per un istante, pur sapendo che al mattino tutto svanirà. Il loro amore non vive più di parole o sogni, ma di un istante, come due ubriachi che si abbracciano senza pensare, consapevoli che tutto verrà dimenticato.
Commenta l’artista a proposito del brano: “Il nuovo singolo segna un punto di svolta e si presenta come il manifesto perfetto del nuovo Levi. Ogni suono, ogni parola e ogni emozione rispecchiano in pieno la mia rinascita artistica: autentica, istintiva e senza compromessi. “L’amore da ubriachi” è il primo passo di un percorso che definisco la mia nuova identità, un progetto che racconta chi è davvero Levi, dentro e fuori dal palco, libero da ogni etichetta.”
Il videoclip di “L’amore da ubriachi” è un intenso viaggio che racconta la storia di Chiara e Lorenzo, una giovane coppia alle prese con l’amore tossico che vive un ciclo di sana follia, sogni intensi e inevitabili litigi.
Il racconto si sviluppa come un abbraccio fugace: i due si cercano e si stringono solo per un istante, come due ubriachi, consapevoli che quei momenti di passione e vicinanza non saranno ricordati una volta svegli. Il video celebra l’intensità di un sentimento incapace di durare nel tempo, ma destinato a ripetersi, vivendo solo nell’attimo.
Guarda il videoclip su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=TtIFVCvXYio
Biografia
LEVI (all’anagrafe Erry) è un artista che ha trasformato un cognome, un tempo fonte di insicurezza, nella sua firma musicale. Fin da bambino ha un legame viscerale con il palcoscenico, dove inventava spettacoli per i nonni. Non amando il calcio, si sentiva spesso isolato e ha dovuto nascondere la sua passione per l’arte ai genitori, per i quali vivere di musica era un tabù. Oggi, pur frequentando l’università (ultimo anno di Odontoiatria), vive l’arte come una costante battaglia che lo esalta e lo lascia a terra, ma di cui non può fare a meno.
A 16 anni inizia a cantare non solo per passione. Studia il pianoforte pop e frequenta l’Accademia VMS a Milano. Musicalmente, Levi è cresciuto tra i Bee Gees e le sonorità di Franco Battiato. Inizialmente scriveva su basi dance e pop con “cassa dritta”, ma nel suo ultimo progetto si immerge in ballad che gli permettono di esprimere appieno la sua personalità. Nelle sue playlist non mancano artisti di ispirazione come Bruno Mars (“Grenade”), Maroon 5 (“This Love”) e Rihanna (“We found love”).
Da un anno, Levi sta lavorando intensamente a un progetto che definirà la sua identità artistica. È seguito dal manager Giancleofe Puddu con un team di lavoro che include Roberto Vernetti e Martina Lusetti, per far emergere il suo personaggio a 360 gradi.
Attraverso la musica, Levi riesce a esprimere pienamente la sua verità, le emozioni vere e la sua storia. È sul palcoscenico che va oltre gli schemi e gli stereotipi impostigli dalla società e dalla famiglia, permettendosi di essere sé stesso al 100%, senza filtri. La sua musica, seguita da un target 18-30 anni, trasmette energia e gioia di vivere nei suoi live, spaziando tra cover internazionali e i suoi inediti. Levi vuole essere riconosciuto per la sua autenticità e unicità.
“L’amore da ubriachi” è il nuovo singolo di LEVI disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica dal 28 novembre 2025.
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Alessandro Napolitano Confluence Trio – Beyond Borders Da lunedì 1° dicembre 2025, disponibile questo nuovo disco in digitale e in formato fisico
Pubblicato dall’etichetta Soundiva in collaborazione con Laboratori d’Arte (Società Cooperativa), realizzato con il contributo di IMAIE (Bando Nuove Produzioni Discografiche 2024/2025) e disponibile su tutte le piattaforme digitali e in copia fisica da lunedì 1 dicembre, Beyond Borders è il nuovo capitolo discografico firmato Alessandro Napolitano Confluence Trio, brillante formazione costituita da Bill O’Connell (pianoforte), Dany Noel (basso, voce in Besame Mucho, Chan Chan, Despertar, Mentality Disease e Sullelgada) e Alessandro Napolitano (batteria).Il disco, che vede la presenza di due eccellenze mondiali del jazz come il pianista statunitense Bill O’Connell e il bassista cubano Dany Noel, consta di dieci brani: Alpha Alpha e Sitting Bull autografati da O’Connell, Confluence, Despertar e Sullelgada firmati da Noel, Mentality Disease e la bonus track My Voice scritti da Napolitano, mentre Besame Mucho (Consuelo Velázquez), Chan Chan (Buena Vista Social Club) e Summertime (DuBose Heyward – Ira Gershwin – George Gershwin) completano la tracklist.“Beyond Borders” è un album in cui l’eclettismo stilistico di Alessandro Napolitano e del suo trio emerge in modo preponderante: jazz, afro-cuban jazz, funk e latin jazz brasiliano sono gli stili che caratterizzano il disco. Un lavoro in cui proprio la diversità stilistica rappresenta il tratto distintivo, spesso e volentieri anche all’interno delle stesse composizioni. Inoltre, un sapiente e costante utilizzo delle metriche dispari, della polimetria e della poliritmia impreziosisce ulteriormente un CD che brilla per straordinaria padronanza strumentale del trio, intensa energia comunicativa e notevole creatività soprattutto dal punto di vista armonico, ritmico e improvvisativo.Alessandro Napolitano racconta la genesi e descrive le peculiarità di questa sua creatura discografica: «Beyond Borders nasce dal desiderio di superare i confini musicali e culturali. Insieme a Bill O’Connell e Dany Noel abbiamo cercato un linguaggio comune, un punto di incontro tra le nostre esperienze: il jazz americano, la tradizione latina e la sensibilità mediterranea. Il disco è stato registrato a Bari, dopo una serie di concerti in diverse città italiane, e rappresenta la sintesi naturale di quel viaggio umano e musicale. È un progetto che racconta la libertà dell’interplay, l’ascolto reciproco e il piacere di creare qualcosa di autentico, senza barriere». -

Origami è il nuovo singolo di Tato
Dal 14 novembre sarà disponibile sulle piattaforme digitali di streaming Origami, il nuovo singolo di Tato (Matilde Dischi).
“Origami” è una ballata piano e voce dalle sonorità intime, che mette in musica la fragilità umana. Il brano affronta temi profondi come le insicurezze personali e la ricerca della forza necessaria per non soccombere ad esse. In una quotidianità spesso dominata da sentimenti negativi come odio, tristezza e mancanza di condivisione, la canzone sottolinea l’importanza salvifica dei piccoli gesti.
È un invito delicato a cambiare prospettiva: immaginare i ricordi con un’altra chiave di lettura, imparando dal passato invece di permettere che i ricordi si trasformino nei nostri “veri mostri”.
Commenta l’artista a proposito del brano: “Il coraggio possa far sì che i raggi del sole filtrino negli spazi più bui, che il prisma restituisca sempre l’arcobaleno, che i fogli ricchi di incertezze diventino origami dalle mille bellezze.”
Il Visual Video che accompagna l’uscita, caratterizzato dal bianco e nero, cattura perfettamente la malinconia e l’inquietudine del pezzo, con il pianoforte che guida l’ascoltatore per l’intera durata del brano.
Guarda il video su YouTube
Biografia
Luigi Spagnuolo, in arte Tato, è nato nel 2004 e fa musica da tutta la vita. Da bambino ha preso lezioni di pianoforte e ha cantato nel coro della sua città, Avellino, fino agli anni dell’adolescenza, partecipando a spettacoli televisivi ed eventi di interesse pubblico. Da circa 4 anni studia canto solistico e scrive brani su tematiche personali e sociali. Nel 2023 si è trasferito a Roma per studiare all’università ed ampliare la sua formazione in ambito musicale.
Origami è il nuovo singolo di Tato disponibile dal 14 novembre sulle piattaforme digitali di streaming.